Attivitą 2004

Convento di Piazza Carmine
Storia di un gioiello architettonico recuperato.

Il complesso del Convento dei Carmelitani, in Piazza Carmine a Marsala, appare al visitatore di oggi in tutto il suo significato storico-culturale ed architettonico grazie ad un profondo intervento di recupero e valorizzazione voluto nel 1984 dall’amministrazione comunale e dal Rotary Club di Marsala, città che si è arricchita così di un prestigioso luogo espositivo dedicato all’arte moderna e contemporanea. Il ripercorrere le tappe storiche, culturali ed architettoniche che hanno coinvolto la chiesa ed il chiostro di Piazza Carmine, rappresenta per il visitatore un sicuro valore aggiunto alle mostre che via via si susseguono nell’edificio fornendo allo stesso una chiave di lettura dell’intera storia della città. Verso la fine del 1100 i Carmelitani, venuti in Sicilia al seguito di Adelasia, vedova di Ruggero I e moglie di re Baldovino di Gerusalemme, giunsero a Marsala. Per essi fu necessario erigere una Chiesa e un Convento e la scelta cadde su un sito adiacente all’antica torre di avvistamento: l’odierna
Piazza Carmine. La storia dell’intero complesso è ancora da indagare in tutti i suoi risvolti architettonici ma dai reperti trovati durante il restauro si possono individuare alcuni momenti significativi. Il nucleo originario del complesso architettonico è risalente alla fine del 1300; la datazione la si fa risalire in base alla tipologia dell’arco ritrovato all’angolo est dell’attuale chiostro e nel muro divisorio tra le due sale poste anch’esse ad est. Nel chiostro, oggi, si possono osservare tre arcate risalenti al 1500 e tre colonne mozzate che sostenevano le arcate nel 1700. L’assetto attuale risale al secolo XIX: infatti il terremoto del 1827 aveva determinato il crollo dell’attuale portico d’ingresso, di una sala ad esso adiacente (conclavis: sala che si può chiudere a chiave) e di un antico scalone di accesso al primo piano. La ricostruzione avvenuta nel 1837, e le conseguenti modifiche di questa parte dell’edificio, sono attestate dalle due lapidi poste ai lati del nuovo scalone di accesso. Dopo lo sbarco di Garibaldi e l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, i beni della Chiesa furono

Marsala, Ex Convento del Carmine, Il Chiostro
incamerati dallo Stato e, successivamente, il Convento venne destinato a Caserma dei Carabinieri. La grande sala a sinistra del portico d’ingresso venne adibita a stalla, furono ricostruite le mangiatoie e il pavimento venne acciottolato. Il complesso, intanto, andava deteriorandosi, anche per effetto dei danni arrecati dalle due grandi guerre. Negli ultimi decenni, trasferitasi la Caserma dei Carabinieri, l’edificio subì la costruzione di un secondo piano che ne alterò del tutto la fisionomia, ma in breve tempo fu demolito per ordine delle competenti autorità. Dopo quest’ultimo intervento, il complesso venne lasciato nel più totale abbandono fino al 1984, data di incarico per il restauro. Tutto l’intervento è stato rivolto a bilanciare la legittima volontà di un moderno e funzionale riutilizzo, con la superiore necessità del rispetto dell’essenza storica del manufatto, le cui molteplici anime affioravano nei vari brani architettonici, di varie epoche e di diverse valenze, ma che tuttavia si intrecciavano in un’unità storica che viveva della sua, alle volte casuale e pittorica, bellezza. L’intervento, lungi dal volere privilegiare una delle fasi storiche – architettoniche che si sono succedute, ha perseguito una rigorosa scelta del rispetto dei vari interventi, sottolineandone, caso per caso, le assonanze e i contrappunti architettonici. Il carattere della completa reversibilità è stato perseguito in special modo in quelli che aggiungevano materia al costruito; per cui i tiranti metallici del portico, la necessaria impiantistica, e più in generale, ogni intervento, in cui si è completata la originaria opera architettonica, è stato denunciato sia nei materiali sia nella linguistica formale. Il ritrovamento in corso d’opera, oltre che di archi trecenteschi, di frammenti murali di affreschi di carattere sacro e funerario fuori dalla logica dell’impianto sia settecentesco che trecentesco, può fare ipotizzare la presenza di un luogo di culto paleocristiano come continuità di culti pagani precedenti.

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