RENATO
PARESCE - BIOGRAFIA
Nato
a Carouge, vicino Ginevra, nel 1886 Renato Paresce è una delle
personalità più singolari del primo Novecento italiano.
Formatosi dapprima nell’ambiente culturale fiorentino (il padre,
Francesco, aveva fondato la “Rivista di Cultura” a cui contribuivano
tra gli altri Capuana e De Amicis) e successivamente a Palermo, dove
si era laureato in Fisica, Paresce assorbe infatti gli umori della filosofia
europea anti – positivista del tempo, da Bergson a Le Roy, che
lo spingono ad abbandonare la carriera universitaria e a dedicarsi alla
pittura. Trasferitosi a Parigi nel 1912, amico di Picasso e Modigliani,
adotta inizialmente una figurazione dall’impianto costruttivo
nitido, a cui non sono estranei gli influssi di Cézanne e Derain
ma anche le suggestioni dell’espressionismo tedesco. Collaboratore
del quotidiano “La Stampa”, si trasferisce a Londra all’inizio
della guerra, dove frequenta l’ambiente artistico, accompagnato
dalla moglie Ella Klatcko, figlia di un esule bolscevico. E’ soprattutto
all’inizio degli anni Venti che la sua produzione pittorica acquista
caratteri più definiti, elaborando la sintassi post-cubista sulla
scia di autori quali Gris e Braque in una serie di bellissime nature
morte concepite come un solenne sistema architettonico (“Natura
morta e finestra”, Collezione Banca d’Italia, 1927).
La sua piena maturità artistica coincide con la formazione del
gruppo degli “Italiens de Paris” (de Chirico, Savinio, Severini,
Campigli, Tozzi, De Pisis e, appunto, Paresce), sostenuti dal critico
Waldermar George nel clima del “rappel à l’ordre”
in nome di un primato mediterraneo e attivo tra il 1928 e il 1933. Nella
pittura di questi anni il suo orizzonte figurativo si amplia: compaiono
le prime scalinate, gli archi, i velieri e le donne – manichino
che diverranno quasi una sigla della sua pittura, e dove si avvertono
gli echi dei suoi compagni di strada: in particolare Savinio, Tozzi
e Campigli, da cui riprende anche la stesura dai colori calcinati, come
da affresco antico. Nel 1928 Antonio Maraini lo invita ad allestire
la mostra della “Scuola di Parigi” alla Biennale di Venezia
(vi espone anche nel ’30, nel ’32 e nel ’34), che
Paresce risolve chiamando a esporre (tra gli altri) Chagall, Max Ernst,
Foujita, in una visione composita della cultura artistica parigina.
Sono anni intensi, in cui Paresce affina ulteriormente la sua sensibilità:
è attento ad esempio alle posizioni degli astrattisti milanesi
gravitanti intorno alla Galleria del Milione” (dove egli stesso
presenta nel 1933 una sua importante personale) e quelle del loro teorico,
Carlo Belli; ma anche agli sviluppi del tardo – futurismo, soprattutto
quelli di Fillia e Prampolini, declinando gli elementi più tipici
della sua pittura (le case – facciata, i porti, le tende mosse
dal vento) in chiave cosmica, tra comete, ellissi e costellazioni.
Tornato a Londra nel ’31, sempre come corrispondente de “La
Stampa”, Paresce parte nel ’35 per un viaggio intorno al
mondo da cui ricava anche le impressioni confluite nel libro “L’altra
America”, edito l’anno successivo. Muore a Parigi nel 1937.
Un’opera come “Le Spose”, del ’34, può
riassumere i caratteri della sua opera: una dimensione sospesa e lievemente
enigmatica, dove gli emblemi propri di quella condizione mediterranea
che costituisce un leit – motiv del periodo tra le due guerre
vengono declinati come figure in attesa di un ritorno mai concluso.
Per questo la mostra di Marsala accosta, alle opere di Paresce e a quelle
degli “Italiens de Paris” (tra cui due De Pisis esposti
per la prima volta dopo quarant’anni), alcune presenze significative
di quel clima culturale stabilendo una rete di assonanze: dal “Ritratto
con fotografia” di Fausto Pirandello (del ’31, con gli oggetti
della natura morta composti come un simbolo del mare e dell’attesa)
alla “Figura in attesa” di Arturo Martini (una terracotta
inedita del ’32-‘33) alla “Nave di Ulisse” di
Corrado Cagli, tutti artisti del resto presenti a Parigi in quegli anni.
Accanto a questo nucleo tematico, ulteriori raffronti leggono i dipinti
dell’artista con le opere di Atanasio Soldati, tra gli astrattisti
del Milione il più congeniale a Paresce, e inoltre ai futuristi
Fillia e Prampolini.